Fenomeno “Hikikomori”: che cos’è e cosa fare?
Da qualche tempo, sono sempre più numerosi i giovani che manifestano perdita di interesse nei confronti delle attività scolastiche ed extrascolastiche e sintomi quali apatia, letargia, chiusura e ritiro sociale.
Tale condizione psicologica viene ultimamente racchiusa all’interno dell’espressione Hikikomori, un termine di origine giapponese traducibile come “ritiro” o “isolamento”.
Questo fenomeno, sempre in maggiore aumento anche in Occidente, coinvolge prevalentemente adolescenti e giovani adulti che decidono volontariamente di confinarsi all’interno delle mura della propria abitazione o persino della propria stanza, rinunciando in tal modo al contatto con il mondo esterno.
Uno degli aspetti più significativi di tale condizione, è dunque il forte isolamento che li porta a limitare al massimo qualsiasi tipo di interazione sociale e persino famigliare. Alcuni di loro, ad esempio, arrivano a rinchiudersi, sigillando le finestre e consumando i pasti all’interno della propria camera.
Seppure alcuni aspetti quali l’apatia, la letargia, la perdita di interesse e il ritiro sociale, possano essere riconducibili ad alcune patologie quali depressione, fobia sociale, disturbo evitante di personalità e schizofrenia, è bene sottolineare come al giorno d’oggi non sia possibile effettuare una diagnosi vera e propria.
Secondo molti studi, è possibile individuare alcune caratteristiche che accomunano i giovani Hikikomori:
- Età: riguarda principalmente adolescenti e giovani adulti tra i 15 e i 30 anni
- Sesso: i giovani che manifestano i sintomi sopra evidenziati, sono nella maggior parte di sesso maschile
- Figli unici
- Estrazione sociale medio-alta
- Difficoltà famigliari (genitori spesso assenti per ragioni lavorative o psicologicamente pressanti)
Quali sono le cause?
Seppure, ad oggi, non sia possibile individuare ancora delle cause, alcune ricerche a stampo internazionale hanno ipotizzato dei possibili fattori che potrebbero rappresentare la causa del fenomeno Hikikomori.
Il ritiro e l’isolamento sociale costituiscono una modalità anticonvenzionale per non conformarsi ad una società orientata al successo e alla prestazione. Un maggior numero di Hikikomori, infatti, sembrerebbe essere concentrato all’interno di quelle società fortemente industrializzate e guidate da ideali orientati verso la competizione e la realizzazione.
Tra le altre possibili cause, vengono annoverate alcune caratteristiche di personalità quali la forte timidezza e introversione, esacerbate da fattori scatenanti quali il bullismo scolastico. Quest’ultimo, infatti, porterebbe taluni giovani a rifugiarsi e a proteggersi all’interno del proprio ambiente, vissuto come fonte di sicurezza.
Da un punto di vista famigliare, invece, si è visto come alcune caratteristiche della famiglia d’origine, quali rapporti di dipendenza dalla madre, stili educativi rigidi e assenza genitoriale, siano alcune delle ragioni scatenanti.
Cosa fare?
Nel momento in cui si iniziano ad intravedere i primi sintomi quali assenteismo scolastico, cambiamento del tono dell’umore, significativa riduzione di interesse e progressivo isolamento, è di fondamentale importanza intervenire tempestivamente per evitare che tale condizione si aggravi e cronicizzi.
Come nel caso della diagnosi, anche la modalità di gestione e cura dei sintomi, è ancora in fase di definizione.
Secondo alcuni studi, come primo possibile intervento, è fondamentale lavorare sulla motivazione che nel caso di questi giovani, potrebbe essere scarsa. Spesso, è il genitore o la persona che se ne prende cura, a chiedere aiuto ad uno specialista.
Un altro punto essenziale da considerare e da cui partire è l’isolamento del ragazzo: il professionista potrebbe in tal modo avvicinare il giovane fornendo un iniziale supporto a domicilio o a distanza, grazie ai servizi online.
Tra le terapie disponibili, quelle maggiormente utilizzate come forma d’aiuto, sono quelle validate per il trattamento dell’ansia sociale e della depressione, associate nei casi più gravi al supporto farmacologico.
E’ necessario, infine, ricordare come un lavoro di rete, che coinvolga la famiglia e il contesto sociale in cui il giovane è inserito, sia prioritario e imprescindibile.
Link utili:
http://eprints.bice.rm.cnr.it/3095/1/articolo_moretti_2010-03.pdf
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5573567/